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Scrittura

Dolci ricordi, ricordi nitidi, talvolta tristi, oppure intrisi di malinconia e soprattutto ricordi di attimi di pura felicità, spensieratezza e leggerezza. Così riaffiorano inaspettatamente alcuni ricordi d’infanzia, adolescenza, età adulta, in un’atmosfera sensuale ed imprevedibile. Istantanee, ritagli di un mondo racchiuso in una cornice emotiva molto intensa, la necessità di ricordare il passato ed il presente in un gioco che coniuga la nostalgia con dettagli visivi per preservarli dall’oblio, frammenti di un’esistenza autentica, dove mi sono sempre espressa con un grande senso di libertà, un respiro che rimanda a riflessioni che appartengono in realtà ad ognuno di noi, ad ogni creatura in cammino, di passaggio su questa giostra magica chiamata terra.

Questi racconti guidano in un ascolto di me introspettivo, intimo e diretto.

Sono i ricordi di una bimba molto curiosa, che spingeva il suo sguardo oltre l’immaginario, tra boschi incantati di un regno lontano per vivere momenti magici come nelle favole!

Amava stare sola, camminare nei boschi, assorta nei suoi pensieri, ora malinconica, ora con il cuore pieno di gioia.

Si sdraiava sull’erba in collina dove poteva godere di un panorama mozzafiato in cui il lago dall’azzurro ceruleo pareva un tutt’uno con il cielo sovrastante. Amava giocare a nascondino dietro una di quelle nuvole, vagando proprio tra quelle nuvole leggera, ore ed ore trascorse in contemplazione del creato, momenti magici, un vero incantesimo reso tale dall’apparire improvviso dell’arcobaleno.

Durante una notte stellata con la luna piena, Angeli ed Alieni le scesero in sogno, creature bellissime, dai volti perfetti, creature delle stelle, dai capelli d’oro e d’argento, creature dotate di un’intelligenza superiore, che emanavano luce, pura luce. Il suono della loro voce era soave, puro, dolce. Portarono sulla terra una sfera blu piena di amore ed una bacchetta magica che rilasciava un potere stellare per purificare la nostra atmosfera danneggiata dallo smog e dalle scie chimiche.

Una luce abbagliante per undici minuti illuminò improvvisamente a giorno quella fantastica notte: il cielo si vestì del suo colore blu notte naturale, l’aria si purificò, un vento delicato spazzò via il male, l’ombra, il grigiore delle ciminiere, le scorie radioattive, il cibo contaminato, il capitalismo, l’arricchimento sfrenato, in un baleno tutte le banche furono distrutte, l’egoismo, l’aridità e la cattiveria svanirono.

Nacque un nuovo mondo, il mondo dell’Amore.

Tante volte nella realtà avevo provato a cambiare il mondo in cui vivevo correndo sugli arcobaleni, prendendo le stelle dal cielo per posarle sopra i tetti dei grattacieli. Non sempre era stato facile, non sempre possibile.

Buona lettura!

Notizie sull’autrice

Viviana Poli, nata il 24 novembre 1969 a Varese, trascorso l’infanzia e l’adolescenza in provincia, in un piccolo borgo nel verde della Valcuvia, laureata in lingue e letterature straniere, amante dei viaggi, affascinata dai rituali dei popoli tribali, dalla scrittura, dalla musica e da tutte le forme artistiche (è anche pittrice dell’anima) che facilitano la comunicazione con la propria essenza e la propria crescita interiore.

Da anni la scelta di vivere lontana dalla frenesia, a contatto diretto con il bosco, vive nel flusso delle energie stagionali per condurre un’esistenza semplice, selvaggia, in piena libertà, una vita quotidiana consapevole nel rispetto di madre terra.

Avendo avuto la fortuna sin da piccola di poter viaggiare, avevo spesso tradotto in parole dei racconti che riproducesse le emozioni particolari provate, vissute, respirate e ricordate durante un viaggio. E’ così che nacquero più di vent’anni fa alcuni racconti quali Patagonia e Jambo.

Atri invece sono la trascrizione di viaggi astrali, esperienze extra-corporee che riesco facilmente ad indurre e le cui immagini a colori molto spesso mi rimangono impresse come sul rullino di una macchina fotografica: colori molto vividi, creature e luoghi fantastici, suoni molto soavi e delicati.

Fluttuare

L’anno nuovo è appena iniziato e Vera sente qualcosa dentro di se’ come un vuoto, sì ebbene sì il vuoto dell’anima, qualcosa che le manca, qualcosa che ha perso divorata dal dolore, ed è qualcosa che non può riempire con effimeri piaceri, perché dopo questo vuoto rischierebbe di diventare un abisso, un burrone.

Questo vuoto lo devi sentire nelle tue viscere, lo devi penetrare, lo devi attraversare, come attraversare il deserto sotto un sole che ti brucia la testa, che ti scotta la pelle finchè appare quasi per miracolo un miraggio che ti trasforma in un’oasi dove potrai rinfrescarti, bere e riprendere nuove forze.

Solo così riscopri la tua vera essenza, ecco sì, è proprio perdersi nel vuoto per ritrovarsi e così impari a fluire, Floating, il fluire è l’essenza dell’accettazione, della capacità di lasciare andare e di accogliere con consapevolezza per poter vivere nell’autenticità l’anno appena iniziato.

Bianco Patagonia

E sotto questo cielo della Patagonia eccoci qua, a solo 150 metri di distanza dal Signore di Ghiaccio.

E’ uno spettacolo impressionante: si muove, parla, si rompe, si rigenera. Eccitazione alle stelle. Che strepitio!!! E subito dopo un silenzio ed una calma surreale, è un fantastico paradiso gelato.

Scricchiolii…… e poi pezzi di ghiaccio cadono con fragore nel Lago Argentino. Gli schianti delle pareti ghiacciate rimbombano con potenza inaudita tra le pareti della stretta valle. E allora sei lì in attesa che qualche pezzo di grandi dimensioni si stacchi. Eccolo, eccolo! Braaaammmmmm! Un blocco gigantesco cade sollevando una massa d’acqua pazzesca. Veloce, veloce con la macchina fotografica, folle velocità nello scatto. Ti senti come rapito e prigioniero del ghiaccio. E se proprio adesso dovesse scaricarsi la batteria! Eccolo eccolo un altro masso si stacca. Braaaammmm! Non si può descrivere questa eccitazione.

Violetta

Cammino senza meta assorta nei miei pensieri e senza rendermene conto mi addentro nel bosco, a lato del sentiero un ciuffetto di foglie è mosso dal vento, è fine marzo, si sente nell’aria profumo di primavera ma non di violette. Si intravede in lontananza una sagoma di bimbo, un bel bimbo dal viso paffuto, tutto contento e sorridente che esclama “buongiorno, ho raccolto queste violette profumate per la mia mamma” e si allontana quasi correndo.

Ho risposto con l’accenno di un sorriso, dentro di me invasa dalla tristezza:

“Ho percepito il tuo pianto piccola violetta indifesa, sei stata strappata dalla terra senza pietà per essere messa in un vasetto magari con poca acqua, un trofeo da portare alla mamma come dono.

Non bastava raccontare la sensazione provata nell’annusarti? Mi spiace violetta, ti chiedo perdono, chiedo perdono all’universo affinchè le tue lacrime diventino rugiada purificatrice”.

Altalena

Mi trovo a passeggiare nel parco durante una splendida giornata di sole. Anche la fine di aprile è quasi arrivata in un baleno, senza che me ne rendessi conto.

Silenzio tutt’intorno, solo il cinguettio di qualche uccellino uscito ormai dal letargo invernale.

Nessun’altra presenza visibile.

Vedo in lontananza un’altalena solitaria e ne sono immediatamente rapita, si risveglia in me il senso di leggerezza infantile che riposa assopito nel profondo; ritorno con grande rapidità a quei fantastici pomeriggi dopo la scuola, trascorsi a dondolare avanti ed indietro quando le mani strette con forza alle corde si arrossavano e dolevano.

Penso a quanto lo slancio mi donava benessere, spensieratezza, la libertà di volare, di andare e venire al di là del tempo e dello spazio, di spingermi sempre più in alto, sempre più su e cercare di avvicinarmi al cielo, alle nuvole, al sole, andare oltre e cambiare continuamente l’orizzonte, sempre più su per ricercare poi un attimo di sospensione, ma l’altalena continua imperterrita il suo movimento oscillatorio, non si ferma, non può fermarsi e così sono risucchiata dall’aria e dall’immaginazione, le oscillazioni diventano sempre più ampie fino quasi a farmi sfiorare il cielo con le dita dei piedi.

Ho la sensazione di raggiungere l’irraggiungibile.

Non perdo mai occasione di divertirmi e salire sull’altalena, questa volta però a fatica riesco ad entrare tra le corde per sedermi sulla tavoletta di legno ma in compenso tocco per terra con i piedi.

E poi mi lascio andare e cullare, l’aria mi accarezza la pelle del viso e mi spinge indietro i capelli scomponendoli, poi di getto me li riporta sulle guance, davanti agli occhi. Mi spingo sempre più in alto, la prospettiva cambia, osservo il panorama, mi sento sospesa e……..trascinata giù con forza dalla gravità.

Nella vita, come sull’altalena la ricerca di vette sempre più alte è alternata a fasi di rallentamento, quasi per voler fermare il tempo, riempio i polmoni e respiro aria fresca, talvolta mi butto indietro con il tronco per vedere il mondo al contrario, talvolta vorrei saltare quando l’altalena si trova nel punto più alto…….

Bolle di sapone

La loro leggerezza, la loro fragilità, immaginare cosa contengano al loro interno, un piccolo mondo magico misterioso.

Uno spettacolo che livella grandi e piccini di tutto il mondo, in uno stupore unico.

Le sfere iridescenti si muovono nell’aria, due bolle si sfiorano se vogliono vivere, si possono solo sfiorare, si toccano se vogliono morire, un destino crudele.

E’ lo spettacolo degli occhi incantati dalla meraviglia, le bolle si modellano, si dividono, si riproducono, si inglobano, si accorpano in un’unica bolla gigante.

Ora delle vere e proprie cascate, alternate a bolle molto grandi. Che emozione stare fermi all’interno della bolla!

La magia è sempre presente nella nostra vita, sin da piccoli ci accompagna poi si perde ed effimera e delicata riappare talvolta con una bolla di sapone.

Bolle piccole, volanti, luminose, uno spettacolo senza parole che non ha bisogno di alcun commento, uno spettacolo straordinario che fa divertire e commuovere allo stesso tempo.

I colori con le loro infinite sfumature formano un affresco straordinario cui noi inconsciamente sappiamo di appartenere.

Il circo

“Piccola mia, sorpresa! Domani andremo insieme al circo”. A Veronica brillarono gli occhi dalla felicità ad una tale notizia

A Veronica piaceva tantissimo andare al circo da bimba. Gli occhi di un bimbo riescono a vedere ed intuire cose che gli adulti ora ignorano ora non sono in grado di vedere.

Diventando adulti si perde questa meraviglia, i colori sbiadiscono ed il senso di stupore svanisce.

Il mondo differente del circo appariva a suoi occhi il massimo di una vita avventurosa, luci, colori, odore di popcorn, trapezisti, maghi, clowns, ballerine.

Alla scuola media per un breve periodo aveva avuto la fortuna di conoscere Maruska, una bimba rom di famiglia circense. Aveva frequentato la sua stessa classe: le raccontava di come erano spiriti liberi, un continuo cambiare città, nazione, scuola ed amicizie. Veronica impazziva all’idea di girare il mondo e dormire in una casa con le ruote.

“Il ricordo piacevole della sua infanzia continua a farmi esultare tutte le volte che vedo un tendone del circo.

Una volta arrivati al tendone ci si affrettava a fare la fila per i biglietti. Il terreno con i sassolini bianchi, che aimè entravano fastidiosamente tra le dita che spuntavano dal sandaletto blu con bordi bianchi, chiuso sulla caviglia da un cinturino con una clip che faceva malissimo!.

Ero ammaliata da questi personaggi che obliteravano il biglietto, con vestiti colorati simili ad elfi o gnomi, ci lasciavano passare ed entravamo nella vera magia del circo!

Si camminava sulla terra mista a segatura in direzione del tendone, si respiravano odori molto forti provenienti dalle gabbie dove venivano tenuti gli animali, profumo di pop corn unito a quello di zucchero filato.

Entrati e seduti su delle panche grigliate con il vuoto sotto. Si attende, si attende non sto più nella pelle, le luci bianche finalmente si spengono, il volume della musica aumenta sempre di più, si accendono le luci colorate ed improvvisamente un silenzio surreale, finisce l’attesa, finalmente entra il presentatore e lo spettacolo ha inizio.

Clowns, trapezisti, maghi, illusionisti, domatori, giocolieri, acrobati, contorsionisti, ballerine, artisti di ogni tipo.

Veronica e la nipote impallidiscono e rimangono con il fiato sospeso quando una splendida ragazza trapezista con grande disinvoltura volteggia nell’aria senza funi.

Grandi applausi a questi artisti, qui tutto è vero senza finzione, senza trucchi o ricostruzioni in 3D. Un vero sogno ad occhi aperti, uno stupore magico.

Jambo

Jambo, il mio nome è Musuri , sono un guerriero masai esperto in safari sarò lieto di condurvi allo Tsavo.

I nostri bagagli caricati su di un pulmino sgangherato ed impolverato, le strade non asfaltate ed infangate dove i bimbi scalzi corrono tra le pozzanghere gridando Jambo Jambo…

Non è facile descrivere l’emozione dei giorni trascorsi in piedi sulla jeep e godere dello sconfinato orizzonte scrutando tra il mare dorato dell’erba arsa dal sole la sagoma di qualche animale. E che attesa per la foto perfetta chiaramente non riuscita della leonessa che si stiracchia all’aria oppure scorgere il fugace passaggio di due gazzelle. La giraffa ti attraversa la strada con la stessa naturalezza con la quale noi per strada incrociamo un cane al guinzaglio! Distese infinite dove pascolano indisturbate zebre, antilopi, gnu, giraffe, babbuini, leoni, bufali, elefanti, leopardi, rinoceronti, geki e formiche giganti.

E che esperienza respirare a pieni polmoni le voci notturne della savana. E’ proprio al calar delle tenebre che arriva il bello: la savana si popola.

Asante sana.

Il Kenya con i suoi colori ti rapisce; soprattutto l’arancione della terra, delle strade asfaltate, come pure il marrone scuro, che là corrisponde al colore degli sguardi profondi dei bimbi lungo le strade o nelle scuole. Questi bimbi ti guardano sempre con il sorriso, come se tu fossi l’essere più bello del mondo; “hakuna matata” , non c’è problema è l’espressione che tutti ti rivolgono, ti rimbomba nelle orecchie! Questi occhi soprattutto sono sempre pieni di felicità nell’assoluta povertà, nel nulla completo. Questi bimbi sono vestiti con pezzi di stracci, si muovono scalzi, vogliono a tutti i costi prenderti per mano, cercano il contatto fisico. Non puoi dimenticare i loro sguardi, ti penetrano dritti fino al cuore e lì rimangono. Tu ti chiedi che diritto hai di essere felice? Ti senti una “cacca”.

E’ il paese dell’arancione rossastro delle sue albe e dei tramonti mozzafiato, l’enorme palla di fuoco che si accende ora di rosso, ora di arancione.

Madre Natura che è stanca della meschinità di noi omini che popoliamo la Terra, anche nello sconforto più totale si manifesta nella sua bellezza: accende luci magiche, inventa nuove tonalità da donare all cielo e fa brillare il mare. Ed in questi momenti, durante questi pochi minuti ringrazi il cielo di essere in Africa.

Tutto là è colorato: i mercatini Masai, le collane di perline, le statuine di ebano, le spiagge, le stoffe…..Ma il colore più presente è il colore della povertà.

A mio nonno Romeo

Fuori piove, sono a casa, non ho voglia di uscire e di incontrare nessuno, ho bisogno di solitudine, l’aria è afosa, appiccicosa, si fatica a respirare….

Riassetto un cassetto, pieno di vecchi ricordi, di foto ormai sbiadite contenute in una borsa in pelle, lavorata a mano, ormai sgualcita che mi è stata donata da una zia con la richiesta di custodirla con cura ed amore.

Trovo una foto del nonno, solo il viso, e gli parlo:

“Ad un nonno guerriero che non ho mai conosciuto ma che sento parte di me.

Ho tanto fantasticato su di te, davanti a foto sbiadite in bianco e nero.

Ti voglio bene nonno, ti voglio bene in un modo che ho imparato da sola senza averti mai visto, sfiorato, senza aver sentito mai la tua voce.

Mi hanno raccontato che non sei stato proprio un marito od un papà ideale.

Io ti perdono comunque in nome di tutti i familiari, perdono te come perdono tutti i miei antenati.”

Ripongo la foto all’interno della borsa, appoggio la borsa con cura sul fondo del cassetto che richiudo in un silenzio surreale.

In sogno

Mi addormento velocemente continuando a pensare allo splendore ed alla luce di questa luna blu di fine agosto.

Ed ecco che mi ritrovo in un luogo magico da sola; inizialmente dove l’aria è frizzantina ma piacevolmente accarezza la mia pelle; io apro le braccia al cielo e prendo il sole, lo giro, lo tiro verso di me per scattare delle foto; dove lo posiziono lui rimane, sospeso nell’aria, sono contentissima ne scatto tantissime ora più in alto ora più in basso, da tutte le posizioni.

Arrivano delle persone che mi chiedono anche loro di voler scattare delle foto ma aimè quando fanno per scattare, il sole improvvisamente scompare, provo io ed il sole riappare. La magia del sole.

Mi avvicino a quella luce così intensa senza rimanerne accecata, solo abbagliata.

Il sole è il mio migliore amico.

Come sei bello, splendente, radioso, potente, noi due possiamo andare ovunque, siamo invincibili!

Senza di te niente colore, niente vita, che tristezza, nulla esisterebbe e/o avrebbe senso.

Sei il mio migliore amico.

D’estate ci sei tu con la tua superbia, in primavera ti nascondi durante i temporali, ti fai desiderare per poi uscire all’improvviso per far brillare foglie ed asfalti.

Che bello giocare con te a nascondino dietro le nuvole.

Ti ringrazio tanto perché la luce dei tuoi raggi illumina le mie giornate, anche quelle più buie. Ti voglio un bene infinito, sei unico, ti stimo e spesso vorrei imitarti, vorrei essere al tuo posto nelle giornate nuvolose delle persone che amo. Grazie di esistere.

Qualcuno ti definisce timido, io non ci credo alla tua timidezza! Talvolta mi fai preoccupare, sei pallido ma subito dopo ti riprendi e diventi quasi cattivo, bruci tutto ciò che irradi. A volte sei antipatico quando mi costringi a spalmare la crema su tutto il corpo. Sai anche essere dispettoso, fai uscire le macchioline marroni sui volti di chi queste macchioline non vuole, ignori invece chi le vorrebbe volentieri!

E’ difficile per te avere mezze misure, siamo proprio molto simili, mio sole io ti adoro!

Incontro di luce

Mi ritrovo in un luogo incantato tipo “Laguna Blu” tutto verde intorno ad una cascata molto ripida con tantissima acqua che forma un laghetto cristallino. Lei mi appare improvvisamente: questa volta posso appena intravedere il suo profilo ma non riesco a visualizzarla chiaramente, i tratti del suo viso svaniscono velocemente e rimane soltanto una luce intensa. Da questo momento in poi Lei sarà sì sempre al mio fianco ma non riuscirò più a vederla con le sembianze umane, adesso è luce pura. Riesco ancora a vedere per un attimo le sue mani candide che mi prendono per l’avambraccio destro e pian piano inizio anch’io a muovermi in questa dimensione come volando. Ci spostiamo in volo: e’ una sensazione straordinaria sento il cuore palpitare così forte che ho quasi paura di avere un arresto cardiaco. Mi fa volare prima verso l’alto dove la luce è più intensa, poi in giù verso la cascata e sopra al laghetto. Che bello come il viaggio degli Avatar, straordinario. Un brivido ancora più intenso che salire sull’ottovolante oppure sulla nuvola del Luna Park!. Volare in questo splendido cielo di luce è un’emozione mozzafiato, un senso di libertà infinita, qualcosa che non ha niente a che vedere con quel senso di spensieratezza e libertà che si prova a correre come matti al galoppo in una prateria oppure sciando scendendo a uovo all’impazzata sulla neve ghiacciata.

Qui è tutta un’altra cosa è tutto circondato da una maestosa serenità e tranquillità. Sembra tutto ovattato e quasi rallentato.

Improvvisamente da questa scena ci spostiamo verso un coro di angeli tutti in cerchio: con grande stupore mi accorgo che non ci sono soltanto angeli ma qua e là riconosco familiari alcuni volti di persone a me care che da tempo ci hanno lasciato e che ora riposano in pace. Sono sereni, sorridono maestosamente. Vedo gli occhi di una mia compagna di classe che ha lasciato la terra a soli 17 anni. In quel preciso istante gli occhi mi si riempiono di lacrime, comincio a singhiozzare ed a piangere dalla commozione, ho un nodo in gola che mi impedisce quasi di deglutire. Non avrei mai pensato ad una sorpresa così forte a livello emotivo. Ho avuto per un attimo l’impressione di svenire e di non riuscire a reggere tale emozione. E’ tutto troppo forte, è tutto troppo bello per essere vero e lo è veramente!

Lei mi dice con tonalità di voce e suoni molto bassi e rallentati e quasi allungando ogni singola sillaba: “non devi più piangere”. Ma io non ci riesco.

Pertanto Lei mi porta via velocemente da questa scena e mi conduce in un luogo magico dove sono come abbagliata dall’intensità della luce: indossa un naso lunghissimo da Pinocchio per farmi ridere e divertire, per distrarmi e poi gioca con delle marionette a forma di tucano con il becco grande e colorato. Io però continuo a piangere non riesco a distrarre la mia mente ed il mio cuore dalla scena precedente. Lei mi dice con tono deciso: “allora non hai capito. Loro stanno bene dove sono.”

E’ vero dovrei soltanto essere contenta e ritenermi fortunatissima ad aver visto con i miei occhi e percepito personalmente che i miei cari defunti così come tutti coloro che sono trapassati sono veramente in pace non stanno soffrendo, vivono ancora in un’altra dimensione di estrema calma e serenità.

Non finisce tutto qui: alla fine riscendiamo volando sopra la cascata ed arriviamo in un prato tutto fiorito di margheritine bianche. Lei è di spalle, lentamente si gira ed ha in braccio un bimbo più precisamente una bimba molto paffuta con due occhi grandi come bottoni e molto profondi, non gli occhi di un angelo ma occhi umani. Al polso un braccialetto dorato quasi un po’ stretto con delle palline di pietra chiare, simile al braccialetto che indossavo quando ero piccolissima ma il mio aveva le palline di corallo rosso. La coccola, l’abbraccia e poi si allontana.

La mia maestra Erminia

Andai alle scuole elementari negli anni ’70 con grande entusiasmo. Intanto occorreva scegliere cartella e astuccio dove con cura riponevo tutte le penne, il temperino, la gomma rosa dal profumo zuccherino e le matite colorate.

E poi quaderni a righe e a quadretti, l’album da disegno, i pastelli a cera ed il sussidiario.

Oltre a leggere, scrivere e disegnare ho imparato a progettare, sognare e ridere, essere curiosa e vivere intensamente.

Tutto questo grazie alla mia maestra Erminia. Allora ne avevamo una sola per tutte le materie. Ne conservo un ricordo davvero meraviglioso.

Era una donna “stile antico”, con i capelli sempre in piega perfetta, indossava i sandali anche in pieno inverno.

Ricordo anche il profumo delicato della sua crema per le mani che lei rigorosamente spalmava ogni mattina appena entrata in classe; nella memoria ancora certi suoi gesti ed il suono della sua voce, una brava insegnante non puoi dimenticarla!

Era molto affettuosa, sempre con una carezza pronta, anche se molto severa. Era estremamente calma, fin troppo per un animo irrequieto ed agitato come il mio.

Era a favore della sperimentazione e fortunatamente non seguiva alla lettera i programmi ministeriali.

Disegnavamo moltissimo, ritagliavamo, appiccicavamo e poi l’avventura di scrivere con la penna stilografica!!

A quei tempi la vita era un po’ sul modello “casa nella prateria”, dove tutti in paese si conoscevano, la vita era semplice, si stava tanto all’aria aperta ed il tempo trascorreva con lentezza.

Durante le ore scolastiche ora si piantavano i semini nel cotone idrofilo oppure si facevano nascere i pulcini in un’incubatrice rudimentale con all’interno una lampada per riscaldare il piccolo ambiente; durante le nevicate invernali uscivamo dalla scuola per osservare le stalattiti di ghiaccio che pendevano dalle grondaie del tetto della scuola ed i loro riflessi, una vera scuola di vita.

L’Autunno era la stagione preferita della mia maestra, ci invitava a raccogliere le foglie dalle forme e dai colori più strani, dalle sfumature accese ed in classe le osservavamo insieme e le descrivevamo.

Era molto brava a recitare le poesie, grande enfasi, cambiava tono, il volume, il ritmo, creando grandi emozioni.

Leggere e recitare tutte quelle poesie oltre ad aver arricchito il mio vocabolario mi ha reso ancor più sensibile e capace di emozionarmi.

Grazie maestra, la mia maestra Erminia.

La mia bicicletta

Bicicletta rossa Graziella originale Bicicletta con manubrio e sella da smontare, fanale posteriore, la G sul campanello, come la G di Gianna, la mia mamma; tutti avevano delle vecchie biciclette ereditate dai fratelli più grandi oppure dai genitori o addirittura dai nonni, mentre io ero felicissima di avere una bicicletta nuova, di classe, elegante, con la sella imbottita, il suo campanello squillante ed il portapacchi sulla forcella.

Avevo messo all’interno del cestino bianco anteriore la radiolina a pile per ascoltare musica mentre pedalavo.

Normalmente partendo da casa, mi recavo a Gemonio percorrendo la vecchia strada chiamata “Mulattiera”; durante la discesa ammiravo i muretti di pietra costruiti a secco; la strada costeggiava prati e boschi; allora erano presenti in primavera ed estate tantissimi garofani color fucsia, profumatissimi. Mi fermavo sempre per ammirare la loro bellezza, la loro perfezione ed inebriarmi con il loro profumo intenso e sensuale. Portavo sempre con me qualcosa per fare merenda ed una copertina di lana lavorata ai ferri per sedermi e sdraiarmi al vecchio mulino che si trovava proprio non distante dalla casa del pittore Innocente Salvini.

Lui in quel periodo era già molto anziano, ma dipingeva ancora. Sempre imbronciato, non parlava con nessuno, io lo salutavo sempre con un grande sorriso, ma non ricevevo alcun cenno in cambio; il maestro dipingeva ancora seppur molto anziano, ultranovantenne. Paesaggi e scene di vita quotidiana dai colori intensi, soprattutto giallo ed arancione, i colori del fuoco, del cielo. Sbirciavo dentro alla corte dove lui dipingeva, sempre attenta a non farmi scoprire. Quando appresi della sua morte avevo appena 10 anni.

La vecchia macina una volta utilizzata per produrre olio di noci e di semi di lino era ferma da tempo; nonostante ciò quel luogo per me era particolarmente magico, reso ancora più magico dalla presenza dell’elemento acqua, il torrente Viganella.

Tra le sfere di luce

Mi sono abbandonata al silenzio. Ad un certo punto non ho più sentito il mio corpo ma sentivo soltanto la testa come se fosse enorme ma potesse comunque spostarsi nello spazio.

Improvvisamente mi sono trovata in mezzo a questo prato grandissimo verdissimo e tutto pieno di fiori di campo, qua e là piccoli fiori gialli. Questo è molto simile a dove andavo sempre all’età di 6/7 anni con la mia bicicletta a giocare.

Improvvisamente appare una ragazza molto giovane sui 16/17 anni (non è facile attribuirle un’età precisa) molto bella, molto strana. Inizialmente non capisco cosa la rende particolarmente strana. E’ attorniata da una luce intensissima, tutti i colori in questa dimensione sembrano più nitidi ed intensi, Lei sorride, ha un bellissimo sorriso che dona serenità, ha i capelli lunghi rossi ramati drittissimi con una frangetta riportata lateralmente, una carnagione quasi trasparente tanto è chiara (normalmente chi ha questi capelli e questa carnagione ha le efelidi lei invece non ce le ha) ed i suoi occhi così profondi di un colore ceruleo dalla profondità non terrena.

Non riesco a vederle i piedi in quanto indossa un vestito chiaro molto lungo dallo stile retrò e pedala in sella ad una bicicletta dalle ruote molto grandi, un modello molto vecchio se non addirittura oserei dire antico; sembra di essere di fronte ad un’immagine delle bamboline Holly Hobby!

Pedala veloce, ora è qui, adesso è là si gira con la testa verso di me (che sinceramente no so bene dove sono se ci sono se sono sopra sotto dentro a questa scenetta fuori, non si capisce molto) e mi sorride forse per accennare un invito a giocare con lei.

Una splendida sensazione di pace e di serenità mi investe. Ci spostiamo (io non so come visto che non ho la bicicletta in questa scena) e ci troviamo davanti ad un bellissimo stagno pieno di animaletti quali ranocchi, piccoli rospi cavallette che saltano ovunque Lei è seduta in posa elegante al bordo dello stagno: con la mano mette una sfera di luce nell’acqua che si trasforma immediatamente in fiori bianchi tipo anemoni ; uauhhhh che figata! Alcune sfere di luce salgono invece verso il cielo tra le nuvole dove si apre un varco e lì si intravedono in cerchio dei volti non i corpi di tantissime creature e mi sento di dire gli angeli E’ uno spettacolo da favola tutto è contornato da una luce speciale. Nonostante l’affollamento è tutto molto ovattato tranquillo: queste creature sembrano muovere le labbra ma sfortunatamente non riesco a percepire i loro suoni. Hanno tutti quegli occhi particolari della ragazza. Da un lato ci sono dei bimbi che giocano su una vecchia giostrina che gira, un bambinetto tira un carretto di legno tutto sgangherato, tutto ha un sapore antico è come il paese dei balocchi è un paradiso dell’infanzia lo definirei così.

Papà

E’ il due novembre, anche il cielo oggi piange, e piange incessantemente. La pioggia con il suo rumore cerca di riempire le pozzanghere delle ferite, ferite di un dolore ancora aperto.

Le ultime parole che mi hai rivolto con un sorriso ormai sfinito e stanco della vita, mi riecheggiano e mi fanno palpitare nel respiro del tempo.

Il tuo sguardo ormai stremato dalla sofferenza fisica si è allontanato pian piano oltre l’orizzonte, verso il cielo, oltre le stelle.

Io tremo sotto un ombrello rosa, metto al riparo le rughe del mio cuore, ne ascolto il battito accelerato, dentro e fuori insieme, la terra ed il cielo si incontrano, il cuore ed il mio dolore si uniscono in un beato silenzio.

Le mie notti stellate

Durante le notti invernali occhi attenti possono avere una visione nitida del cielo e dei suoi abitanti per una contemplazione esemplare. Una tale visione così emozionante, mi assorbe completamente, tanta vastità, tanta bellezza, la totalità di un blu immenso con tanti puntini luminosi.

Ora osservo alcune stelle, poi inizio a cercare come per magia le varie costellazioni (Orione, l’Orsa Maggiore, Cassiopea), e parlo con i singoli astri, e con tutto il firmamento. Mi sembra quasi emettano dei suoni dolci, soavi. Ed è proprio davanti a tanta meraviglia che il buio della notte sembra scomparire come per magia. Se le guardi le vedi, ma se le osservi molto approfonditamente ti stupisci e ti vengono le lacrime agli occhi. E’ la bellezza che dà senso al buio.

E’ proprio davanti a tanta magnificienza che esprimo un desiderio.

Ed è così che il cielo stellato diventa sinonimo di bellezza, non tutti gli occhi sono preparati ad accoglierla, pochissimi sanno apprezzarla, è un’esperienza estetica così travolgente che ti fa mancare il fiato, sei avvolto da qualcosa più grande di te!

Ciò che vedi ha una profondità infinita. Piccole cose sono capaci di grandi cose. Di fronte al cielo stellato ci sei tu, piccola creatura, con la tua fragilità, smarrita, persa, turbata però ci sei.

Scoprirai che quell’universo che ti sembra lontanissimo, irraggiungibile, così perfetto seppur misterioso davanti ai tuoi occhi in realtà è dentro di te, nella tua anima.

Il Tarassaco

Come ipnotizzata osservo i semi del tarassaco che volano al soffio del vento, semini che erano fino a quel momento racchiusi in un etereo pon pon. Sembrano dei paracaduti, si librano nell’aria attaccati a degli ombrellini. Quanti desideri espressi soffiando su tanta meraviglia!

All’inizio sono timidi, sembra non vogliano staccarsi dal pappo; poi pian piano prendono coraggio e si lasciano cullare dall’aria, pronti ad affrontare un nuovo viaggio e a generare una nuova vita.

E’ il fiore della rinascita, è pura magia, un fiore che rappresenta un trittico perfetto; cresce ovunque , ai lati della strada, in collina, persino in alta montagna.

Quando fiorisce il suo fiore giallo è fonte di nutrimento per le api.

L’angelo custode

Stella parla tra sé e sé: “per lungo tempo fin da piccina tu fantasma senza nome hai turbato indegnamente le mie notti, notti che avrebbero dovuto essere magiche, quando piccola piccola pensavo di sognare come tutti i bimbi castelli incantati, fatine, gnomi e, principi azzurri”.

Una sagoma di donna indefinita, debole, sfuocata appare inaspettatamente “Ma chi sei fantasma senza nome? Non farmi spaventare. Perché non mi dici nulla?” Col tempo sono poi diventate amiche. In questa figura eterea le sembrava talvolta di cogliere una somiglianza proprio con la nonna Veronica, che camminava sulle acque agitate del mare e si allontanava lentamente mantenendo lo sguardo verso di lei. Il suo sorriso cullava il suo sonno, diventava così un messaggio di speranza, di felicità, un messaggio di luce. Non aveva mai raccontato alla nonna circa queste sue visioni notturne.

Stella avrebbe invece voluto raccontare alla nonna questo suo primo incontro con l’angelo custode. Un po’ per vergogna, o forse timidezza infantile decise invece di scriverle questo episodio in una lettera, lettera che però rimase in fondo ad un cassetto, purtroppo non le venne mai consegnata.

Stella non parlò mai con nessuno di questi suoi incontri, incontri segreti straordinari custoditi con cura ed amore nel proprio cuore.

Era una bimba semplice, lunghi capelli ramati, grandi occhi verdi che sembravano pietre preziose, bocca carnosa color vermiglio e guance molto paffute. Il suo sorriso e la sua simpatia erano il suo gioco di forza.

Trascorreva i pomeriggi in quello che lei chiamava il giardino degli angeli, una distesa di erbetta verde colma di fiori in ogni angolo, fiori che con i loro colori brillanti risplendevano anche quando pioveva, attirando sia di giorno che di notte sciami di farfalle variopinte dai colori pastello.

La sua infanzia trascorreva velocemente in mezzo alla natura, Stella amava correre all’impazzata tra i prati verdi, a rincorrere farfalle, ad ascoltare il rumore dei grilli e ad accarezzare e coccolare gli animali del bosco.

Il Teo e la Tonky

Parecchio tempo lo dedicava ad osservare il suo gallo “Teo”. Era stato battezzato “Teodorico”, con affetto chiamato Teo, “il chicchirichì” per i familiari. Era un vero gallo esemplare, tutto impettito con la sua superba cresta rossa: cantava solo di notte. Il suo chicchirichì era molto espressivo.

Per quasi 10 anni il Teo con la sua presenza ha tenuto allegramente compagnia a Stella.

Ricorda Stella “ancora lo vedo nella sua posizione primeggiante e sopraelevata nel pollaio sempre attento a sorvegliare e proteggere il suo territorio e le sue amiche gallinelle”.

Dapprima single, poi felicemente attorniato da qualche amichetta, e successivamente in compagnia di Pia. Un bel giorno rimane solo: Pia improvvisamente muore. Lui cade nella depressione più disperata, non canta più. Ecco allora il fattore che si ingegna per farlo cantare ancora,  e decide così di costruirgli un’altalena di legno per farlo dondolare; Teo riesce così a sconfiggere la sua malinconia.

Dondola oggi, dondola domani, Teo torna incredibilmente a cantare per la felicità della bimba, che durante il periodo estivo cerca di dormire tra caldo e zanzare, e spera di farsi cullare dal canto dei grilli; i grilli che cantano con le loro ali, strofinandole l’una sull’altra emettendo così dei suoni molto armoniosi, ma aimè Teo interrompe sempre questo idillio.

C’era poi la signorina Tonkyta, una simpatica asinella tutta grigia con le orecchie bordate di peli neri, orfanella prende il posto della mamma. Non poteva certo dimenticare gli insegnamenti della mamma che la ragguardiva sugli umani: “piccola Tonky le diceva sempre, noi asinelli siamo molto fortunati….L’uomo che si definisce così intelligente talvolta non è in grado di associare sensazioni corrette alle nostre ragliate. Il nostro raglio a volte esprime dolore, disappunto, stanchezza, ma se veniamo abbracciati ed accarezzati con gentilezza e vero amore, allora quel raglio ci parla di gratitudine e contentezza”.

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